Episode Notes [03:47] Seth's Early Understanding of Questions [04:33] The Power of Questions [05:25] Building Relationships Through Questions [06:41] This is Strategy: Focus on Questions [10:21] Gamifying Questions [11:34] Conversations as Infinite Games [15:32] Creating Tension with Questions [20:46] Effective Questioning Techniques [23:21] Empathy and Engagement [34:33] Strategy and Culture [35:22] Microsoft's Transformation [36:00] Global Perspectives on Questions [39:39] Caring in a Challenging World Resources Mentioned The Dip by Seth Godin Linchpin by Seth Godin Purple Cow by Seth Godin Tribes by Seth Godin This Is Marketing by Seth Godin The Carbon Almanac This is Strategy by Seth Godin Seth's Blog What Does it Sound Like When You Change Your Mind? by Seth Godin Value Creation Masterclass by Seth Godin on Udemy The Strategy Deck by Seth Godin Taylor Swift Jimmy Smith Jimmy Smith Curated Questions Episode Supercuts Priya Parker Techstars Satya Nadella Microsoft Steve Ballmer Acumen Jerry Colonna Unleashing the Idea Virus by Seth Godin Tim Ferriss podcast with Seth Godin Seth Godin website Beauty Pill Producer Ben Ford Questions Asked When did you first understand the power of questions? What do you do to get under the layer to really get down to those lower levels? Is it just follow-up questions, mindset, worldview, and how that works for you? How'd you get this job anyway? What are things like around here? What did your boss do before they were your boss? Wow did you end up with this job? Why are questions such a big part of This is Strategy? If you had to charge ten times as much as you charge now, what would you do differently? If it had to be free, what would you do differently? Who's it for, and what's it for? What is the change we seek to make? How did you choose the questions for The Strategy Deck? How big is our circle of us? How many people do I care about? Is the change we're making contagious? Are there other ways to gamify the use of questions? Any other thoughts on how questions might be gamified? How do we play games with other people where we're aware of what it would be for them to win and for us to win? What is it that you're challenged by? What is it that you want to share? What is it that you're afraid of? If there isn't a change, then why are we wasting our time? Can you define tension? What kind of haircut do you want? How long has it been since your last haircut? How might one think about intentionally creating that question? What factors should someone think about as they use questions to create tension? How was school today? What is the kind of interaction I'm hoping for over time? How do I ask a different sort of question that over time will be answered with how was school today? Were there any easy questions on your math homework? Did anything good happen at school today? What tension am I here to create? What wrong questions continue to be asked? What temperature is it outside? When the person you could have been meets the person you are becoming, is it going to be a cause for celebration or heartbreak? What are the questions we're going to ask each other? What was life like at the dinner table when you were growing up? What are we really trying to accomplish? How do you have this cogent two sentence explanation of what you do? How many clicks can we get per visit? What would happen if there was a webpage that was designed to get you to leave? What were the questions that were being asked by people in authority at Yahoo in 1999? How did the stock do today? Is anything broken? What can you do today that will make the stock go up tomorrow? What are risks worth taking? What are we doing that might not work but that supports our mission? What was the last thing you did that didn't work, and what did we learn from it? What have we done to so delight our core customers that they're telling other people? How has your international circle informed your life of questions? What do I believe that other people don't believe? What do I see that other people don't see? What do I take for granted that other people don't take for granted? What would blank do? What would Bob do? What would Jill do? What would Susan do? What happened to them? What system are they in that made them decide that that was the right thing to do? And then how do we change the system? How given the state of the world, do you manage to continue to care as much as you do? Do you walk to school or take your lunch? If you all can only care if things are going well, then what does that mean about caring? Should I have spent the last 50 years curled up in a ball? How do we go to the foundation and create community action?…
Lo so, per degli acquirenti compulsivi, per dei collezionisti instancabili, per degli accaparratori seriali a bestia come la maggior parte degli appassionati di giochi di ruolo, la lettura di un catalogo ben confezionato, capace di presentare con tempestività le ultime novità di un mercato in cui autori e distributori si disputano a sportellate ogni scampolo di visibilità possibile, rappresenta una tentazione pericolosa. Vale la pena, però, proprio perché TDG Magazine non è solo un elenco di prodotti in vendita, seppur presentati in maniera molto accattivante. C’è dietro, infatti, l’impegno di una squadra che ci tiene a inserire tra le sue pagine contenuti e approfondimenti a tema sempre più interessanti. E siccome è gratis, perché non dargli almeno un’occhiata? Ascoltate qualcosa in più, in merito, nella puntata audio di oggi, e, mi raccomando, iscrivetevi alle pagine del podcast su Facebook, Instagram e sulla vostra piattaforma di ascolto preferita.
Lo so, per degli acquirenti compulsivi, per dei collezionisti instancabili, per degli accaparratori seriali a bestia come la maggior parte degli appassionati di giochi di ruolo, la lettura di un catalogo ben confezionato, capace di presentare con tempestività le ultime novità di un mercato in cui autori e distributori si disputano a sportellate ogni scampolo di visibilità possibile, rappresenta una tentazione pericolosa. Vale la pena, però, proprio perché TDG Magazine non è solo un elenco di prodotti in vendita, seppur presentati in maniera molto accattivante. C’è dietro, infatti, l’impegno di una squadra che ci tiene a inserire tra le sue pagine contenuti e approfondimenti a tema sempre più interessanti. E siccome è gratis, perché non dargli almeno un’occhiata? Ascoltate qualcosa in più, in merito, nella puntata audio di oggi, e, mi raccomando, iscrivetevi alle pagine del podcast su Facebook, Instagram e sulla vostra piattaforma di ascolto preferita.
Quando ci si cimenta nella creazione di un gioco di ruolo stand alone, inteso come un manuale che, da solo, contenga un regolamento proprietario forgiato ad hoc per quella occasione, un’ambientazione originale e tutti i contenuti necessari a iniziare a giocare, occorre tenere ben presenti due aspetti secondo me essenziali del game design. Il primo è che se si vogliono creare meccaniche proprie, invece di adoperare un sistema di regole già sperimentate da qualche altro titolo, e magari disponibili con una Open GL, le stesse dovrebbero: a) essere semplici e comprensibili; b) essere davvero necessarie al dispiegarsi corretto dell’ambientazione (se non è così, si fa la fine di Degenesis o di The Witcher, per capirci); c) includere elementi di originalità e innovazione che le giustifichino. Il secondo è che l’ambientazione deve essere messa a fuoco, avere un obiettivo narrativo preciso, chiarire ai futuri master il contesto spaziotemporale, fornendo loro gli strumenti necessari per mantenere un livello sufficiente di plausibilità, anche se in un contesto di fantasia, senza costringerli a reinventarsela di sana pianta. L’impressione, rileggendo il manuale di Venetia Obscura dopo un quarto di secolo, è che gli autori, presi dall’entusiasmo di rendere pubblico un prodotto che, forse, aveva preso forma nelle loro idee, e al loro tavolo di gioco privato, ne abbiano affrettato e quindi un po’ abborracciato la compilazione senza approfondire aspetti necessari e concedergli quel respiro più ampio che forse oggi i mezzi tecnici e di marketing attuali avrebbero reso possibile con poco sforzo. E abbiano preteso di pubblicarlo quando ancora era un sistema incompleto, squilibrato. Vi spiego perché la penso così, ovviamente, nella puntata di oggi. Ascoltatela.…
Quando si ha qualche anno di mastering alle spalle e ci si è guadagnati a colpi di dadi il proprio spazio al tavolo, sessione dopo sessione, viene naturale pensare di scrivere qualche bello scenario, che vada un po’ oltre le prime trame magari ancora acerbe sperimentate con il gruppo di amici, o l’aggiustamento largo circa di qualche modulo già pronto. E se si ha un briciolo di capacità scrittoria e quelle doti di affabulazione e inventiva che a un buon GM che si sta guadagnando il distintivo di veterano non possono mancare, il risultato può spesso essere più che degno di uscire dalle mura della stanza profonda e avventurarsi, magari sui tavoli di qualche fiera, convention, evento o addirittura di aspirare alla pubblicazione. Molto più complicato è inventare ex novo un pezzo del gioco che vogliamo intavolare. E no, non parlo di qualche house rule per aggiustare il tiro a colpi di voto a maggioranza su quelle regole che proprio al vostro gruppo non piacciono ma di ben altro. Ossia, ad esempio, inventare da zero una classe di personaggio che non sia un banale copia-incolla di qualcosa di già visto, oppure una specie di mostro di Frankenstein ottenuto smembrando classi già note e rincollando assieme i pezzi che ci piacciono di più. Non saprei dire se sia questo il merito maggiore del modulo di cui vi parlerò nella puntata di oggi. Di sicuro, però, è una delle ragioni che lo rendono un oggetto che qualsiasi GM di OSE non dovrebbe farsi scappare. Ascoltatemi e capirete.…
Nel corso di puntate precedenti di questa stessa rubrica ho avuto modo di chiarire le mie opinioni sul fatto che un atteggiamento flessibile e disponibile ad adattarsi da parte del master, su cui di fatto il più delle volte si poggia la maggior parte dell’onere organizzativo di un gruppo di gioco, costituisca un pilastro fondamentale di stabilità e longevità. Questa necessità, talvolta, vi metterà di fronte situazioni inedite da risolvere e quesiti complessi da dirimere. Altre, scelte difficili che, comunque vada, porteranno con loro una dose inevitabile di sacrificio. Nella puntata di oggi vi parlo di uno di questi casi particolari e di come io e il mio gruppo di gioco abbiamo scelto di affrontarlo. Senza naturalmente alcuna pretesa di avere in pugno la soluzione migliore, di aver preso la decisione migliore e di volervela vendere come unica raccomandabile. Al contrario, riflettendo sul tema della puntata mi sono ritrovato a valutarne di alternative e a pensare a future soluzioni alternative. Ascoltatela, perché una situazione simile potrebbe accadere anche a voi e, se vi è già successo o, semplicemente, avete voglia di dire la vostra, sappiate che ogni commento, sulle pagine social del podcast, sarò come sempre graditissimo.…
Qualcuno, forse a ragione, parla di crisi, d’inversione di tendenza, di bolla prossima a scoppiare. Il moltiplicarsi delle uscite di sistemi di gioco, di ambientazioni falansteriche che si sovrappongono una all’altra, tenta gli acquirenti compulsivi (come il sottoscritto) ma, allo stesso tempo, disorienta gli appassionati, come già successo nel mercato dei board game e dei videogiochi, ormai consapevoli di non aver tempo di digerire e poi intavolare il contenuto di corposi manuali, vertiginosi muri di testo densi di descrizioni minuziose di mondi che non riusciranno mai ad esplorare tutti. E allora? Magari piccolo è meglio ed è per questo che in Italia sta fiorendo un mercato diverso, di prodotti più “leggeri” ma di qualità molto alta, modulari. Scenari stand alone oppure inseriti in un’ambientazione che si svela, come accadeva agli inizi del gdr, prima dell’uscita degli atlanti, un passo alla volta. Proprio come è lecito attendersi da un gruppo di avventurieri di un mondo fantasy che partono dal loro luogo di origine per scoprire il mondo poco a poco, senza l’ansia di un planisfero e di seicento pagine di descrizioni geografiche, politiche e sociali che ti aspettano dietro l’angolo. Mill of the 12 dead di Mauro Longo è l’esempio perfetto di questa nuova tendenza. Venite a scoprirlo insieme a me nella puntata del podcast di questa settimana.…
Dimenticate gli elmi con le corna, le foreste nordiche tanto care ai registi dei video di gruppi black metal, le navi con la polena a forma di drago e le bipenni. L’estro degli autori di giochi di ruolo norvegesi ha trovato, negli anni, maniere ben diverse e, da un certo punto di vista, stravaganti, di coniugarsi. Simili, nell’esprimere la loro vena creativa più a folletti dispettosi pronti a scompaginare gli assiomi dati per scontati dai veterani del gdr e a presentare a un pubblico, anche molto ristretto, non importa, prodotti che erano rivoluzionari già un quarto di secolo fa, oppure a giocare con i vari stili, alla ricerca di una piacevolezza di gioco molto diversa da quella che a uno, d’istinto, verrebbe da immaginare, la pattuglia sparuta ma agguerrita di scrittori norvegesi vanta una produzione di tutto rispetto e un seguito, in patria e non solo, che, a dispetto della loro apparente indifferenza nei confronti del grande pubblico e del mainstream, si manifesta agguerrito e affezionato. Se vi va di saperne di più, la puntata di oggi può diventare l’occasione di un primo assaggio e di uno spunto ad approfondire, poi, per conto vostro. Non perdetela!…
Per quei due o tre di voi che non ne hanno sentito parlare e non hanno studiato filosofia a scuola, Tommaso d’Aquino, santo e dottore della Chiesa per i cattolici, resta tutt’oggi, siate credenti o meno, uno dei massimi teologi mai vissuti. La sua Summa Theologiae, 35 volumi per quasi un milione e mezzo di parole, e tenete conto che nel Tredicesimo Secolo si scrivevano e si riproducevano i libri a mano, un’opera monumentale nella quale il nostro Dottore Angelico, come lo chiamarono i posteri, affronta i temi teologici fondamentali con il metodo delle Quaestiones. Presenta prima la tesi contraria, argomentandola in modo molto convincente e approfondito, per poi confutarla. Ben lontano dalle sue vette di pensiero, mi sono voluto dilettare, nella preparazione di questa puntata, in un esperimento dialettico. Partire da una recensione molto critica dell’avventura stand alone per OSE scritta da Danilo Frontani, pubblicata su un noto sito americano di critica gdr, e provare a confutarne le argomentazioni. Dopo averla ovviamente testata sul campo con il mio solito gruppo di gioco. Se vi va di scoprire cosa ne è uscito fuori, ascoltatela sulla vostra piattaforma preferita! E fatemi sapere la vostra sui canali social del podcast.…
Compagni dalle stanze profonde e dalle ludoteche! Per una volta posate falce e martello e prendete matita e dadi! La lotta di classe, stavolta, andrà combattuta con la nostra abituale panoplia di strumenti da giocatori di ruolo. Red Borg, riuscita espressione della scuola italiana del borglike visto per la prima volta al Play 2024, seguita a raccogliere attorno a sé un gruppo sempre più numeroso e assiduo di appassionati. Giocano a favore del titolo, edito da Mondiversi di Amos Pons, l’ambientazione particolarmente adatta a un approccio OSR immediato e coinvolgente, la grafica accattivante ma, soprattutto, l’ottimo lavoro svolto dall’autore, Marco Marangoni, nel tirare fuori da un approccio meccanico con quattro caratteristiche in tutto e meccaniche ridotte all’osso un titolo completo e longevo, in grado di affrontare con il piglio di un rompighiaccio sovietico a propulsione nucleare non solo one-shot in fiera e online e partite filler tra amici, ma anche campagne più lunghe e complesse. Senza negarsi, cosa importante per un titolo indie, la possibilità di essere utilizzato per iniziare alla passione del gdr gruppi di completi neofiti. Nella puntata di oggi provo a spiegarvi perché, secondo me, non è soltanto “un altro borglike”. Ascoltatela e fatemi sapere che ne pensate, se vi va. Buon principio d’anno 2025 a tutti e a presto!…
L’unico limite, ancora una volta, è il confine della Costa della Spada. Nel gioco, nel film, così come oggi nello splendido album di figurine in edizione cartonata (e ne esiste anche una limited ispirata alla scatola rossa!) l’ambientazione della Quinta Edizione di D&D morde ormai un po’ il freno. Anche i fan più sfegatati della storica porzione occidentali dei Reami Dimenticati, solo un minuscolo ritaglio se paragonata all’estensione globale di terre emerse e mari del Faerun, iniziano a chiedersi cosa ci sia oltre quella linea tracciata al suolo, invisibile quanto invalicabile, a meno che il DM non prenda l’iniziativa, recuperi un po’ di materiale geografico dalle edizioni permanenti, ed espanda la sua campagna in modalità custom per allargarne gli orizzonti. L’album di cui vi parla Clockwork Mike oggi, intendiamoci, è un capolavoro, imperdibile oggetto da collezione, galleria di vecchie e nuove glorie della Costa, oltre che dei suoi luoghi, oggetti e creature. Senza nulla togliere a Xanathar e Drizzt, a Waterdeep e Neverwinter, agli orsigufo e alle pantere distorcenti, in molti sentiamo l’esigenza di una ventata d’aria fresca. Mi perdonerete quindi lo sfogo, spero, ai limiti dell’off topic. Basta così. La puntata di oggi parla dell’album, della sua innegabile magia e di come contenga una sorpresa che farà contenti giocatori vecchi e nuovi. Vale davvero la pena di ascoltarla.…
Quando lui (più spesso che una lei, lascio a chi ne sa più di me le risposte antropologiche) decide, nessun personaggio non giocante può sentirsi al sicuro. Vale per l’unico gallo del pollaio del contadino che ha ospitato il gruppo, oneshottato impietosamente con un firebolt a bruciapelo, cotto e mangiato, quanto per il margravio che ha osato adoperare il tono di voce sbagliato nella trattativa, o per il capo carovana che ha tentato di tirare sul prezzo d’ingaggio. O magari perfino per il passante che si è limitato, forse, solo a rivolgergli uno sguardo di troppo. Lo Sterminatore è letale quanto imprevedibile, capace di lasciarsi andare a una vera e propria sequenza omicida, oppure di restare intere sessioni ben quieto, in attesa della sua occasione come una tarantola sulla sua ragnatela. Prima o poi il GM abbasserà la guardia e lascerà che il prossimo obiettivo dei suoi piani assassini cada sua vittima impunemente. Ho deciso di ragionare un po’ su questa figura, delizia ma soprattutto croce di quasi tutti i gruppi di gioco di ruolo, prima o poi. Se vi va di ascoltare cosa ne è venuto fuori, ascoltate la puntata di questa settimana del podcast, sulla vostra piattaforma preferita. E fatemi sapere a voi com’è andata.…
La puntata più lunga di sempre, oltre tredici minuti e rotti di intervista con Valentino, più alcune mie brevi note personali. Sul fenomeno Kickstarter si sta giocando il grosso della partita della crescita e della diffusione del mercato del gioco di ruolo, nazionale e non. Caratterizzata da luci e ombre, da acquirenti entusiasti, speculatori pronti a rivendere il loro full pledge bundle a una volta e mezzo il prezzo non appena gli arriva, collezionisti e utenti delusi per aver scommesso, succede, sul cavallo sbagliato, sul ronzino che non riesce ad arrivare nemmeno al traguardo con il minimo sindacale del set di base. Oppure si spegne nel nulla. Il confronto con chi cavalca le onde a volte tempestose di uno dei mercati editoriali più complicati ci aiuta a inquadrare meglio il fenomeno e le sue prospettive. Per questo non sono pentito di avergli dedicato una manciata di minuti in più del solito. Mi perdonerete ascoltando la puntata, ne sono sicurissimo. Sapete dove farlo e, come sempre, ogni vostro commento sulle pagine social del podcast sarà gradito.…
Si parte! Nelle intenzioni di autore ed editore, il volume che oggi iniziamo a leggere assieme, potrebbe essere il primo di una collana destinata a regalare al pubblico non anglofono occasioni interessanti di approfondimento sul gioco di ruolo e argomenti limitrofi, in maniera scorrevole e leggibile, senza costringerli a complesse letture in inglese, che possono risultare a volte un po’ ponderose, e polverose, anche a chi non ha difficoltà con la lingua di Albione. Molto si è detto e scritto, sull’argomento, e molto ci sarebbe ancora da dire e scrivere, a mio giudizio. Ben venga allora questo piccolo miracolo editoriale che solo un connubio perfetto tra due amici di lunga data, Amos e Moreno, accomunati dalla passione condivisa per l’archeologia giocoruolistica, uno mercante di cose belle e rare, l’altro collezionista appassionato, poteva permette di dare alla luce. In un panorama editoriale specialistico semideserto, punteggiato qua e là da manuali operativi su come fare bene il GM o il giocatore e di cataloghi fotocopia di titoli usciti, in perenne rincorsa all’ultimo aggiornamento, il saggio protagonista di questa puntata rappresenta davvero un’ottima opportunità di saperne di più sul nostro passatempo preferito. Sarebbe davvero un peccato non volerlo finire di leggere, dopo il mio incipit, seduti comodi sulla vostra poltrona preferita.…
Niente da fare. Tra me e Amber non fu amore a prima vista in quel lontano 1992, e nemmeno quando lo incontrai di nuovo, per un caso fortuito che racconto nella puntata, qualche anno dopo. L’ho ripreso in mano per questa recensione e… niente da fare. Sarà di sicuro perché non ho letto a suo tempo la voluminosa decalogia di Zelazny, che vorrei però almeno assaggiare ora, anche se di sicuro non tutta intera, sarà perché ancora oggi, dopo trentasette anni di gdr, la mia allergia ai giochi senza alea, meglio ancora se espressa da poligoni colorati, non si è attenuata, ma seguita a non convincermi. E dire che, data la natura peculiare delle sue meccaniche, non sarebbe nemmeno invecchiato male (a parte l’impaginazione, oggi improponibile). Semplicemente è là, uguale a sé stesso, ai limiti estremi di un mercato già di nicchia di per sé, al di là degli entusiasmi da fiera. Anche oggi, proprio come allora. Nella puntata vi dico la mia, chiara e tonda. Se vi garberà, oppure no, fatemelo sapere nei commenti.…
Il mio viaggio assieme a voi alla scoperta dell’arte nel gioco di ruolo si fa via via sempre più ricco di scoperte, esperienze ed emozioni. Chi ancora pensasse agli illustratori e illustratrici dei manuali di gdr come a un gruppetto di nerd con una tavoletta grafica e un po’ di AI a supporto farà bene a ricredersi. Subito. Silvia ad esempio, protagonista della puntata di oggi, è prima di tutto una maestra d’incisione laureata all’Accademia Albertina di Torino, un’istituzione con tre secoli di storia alle spalle. Come i suoi colleghi, di cui ho già parlato nelle puntate precedenti della rubrica, è un’artista di assoluto spessore e, assieme a loro, rappresenta a testa alta una nuova generazione di disegnatori, pittori, acquarellisti, fumettisti e molto ancora degni eredi della straordinaria tradizione artistica italiana, fondendo tecniche antiche e innovazione. C’è ancora tanta fame di bellezza, di arte, e quella che scopriamo nei manuali di gioco si trasforma, non appena ci si siede al tavolo, in magnifiche emozioni. Per questo, raccomandandovi di ascoltare la puntata di oggi, concludo come ho iniziato. Grazie, Silvia!…
Che cos’è Lucca Comics and Games se non lo spartiacque ideale tra un anno ludico e l’altro, il breve periodo di tempo fuori dal tempo in cui tutti i progetti vengono alla luce, i nodi al pettine e le emozioni raggiungono il loro apice? La fiera è un confine temporale che precede un anno “ludico” ideale che terminerà al suo nuovo manifestarsi, ma anche spaziale, linea di confine invalicabile tra chi viene e chi vorrebbe venire ma non ce la fa, tra chi s’inventa ogni anno nuovi sistemi per aggirare fatica, costi della trasferta, disagi negli spostamenti di lunga o breve distanza e tutto il resto, pur di esserci, e chi, almeno per quest’anno, ha dovuto o voluto rinunciare, per i motivi più disparati, inclusi quelli ideologici. Piaccia o no, non la si può ignorare, non si può far finta che non esista e bisogna prendere atto di come la storia del gioco italiano e di molte altre passioni venga scritta a caratteri cubitali, anno dopo anno, proprio tra quelle mura. Questa puntata mette assieme, con una piccola introduzione e un commiato finale, le sei brevi riflessioni maturate in diretta, nei giorni di fiera. Ascoltatele, e fatemi pure sapere la vostra.…
I tempi del ciclostile e quelli dell’impaginazione in bianco e nero, in cui la gloriosa rivista Agonistika usciva senza copertina, con un’impaginazione a metà tra il rotocalco e il quotidiano, con una spruzzata di Settimana Enigmistica, con una manciata di illustrazioni che dovevano costarle metà del budget dell’inchiostratura, sono ormai un dolce ricordo. Chi vuole inserirsi sul mercato, foss’anche, com’è più che lecito, con una pubblicazione gratuita che faccia anche da traino ai propri prodotti di editore, deve darsi da fare oggi giorno dal punto di vista grafico. E non solo. Altrimenti, si rischia di spacciare un depliant per rivista e di restare a galleggiare nella piscina dei piccoli, dove si tocca, in compagnia di tante altri progetti pseudoeditoriali di dubbio valore. The Crimson Herald, però, è diversa. La voglia di saltare il fosso, di nuotare in acque profonde, e allo stesso tempo l’umiltà di non fare il passo più lungo della gamba, ci sono e si vedono. Ve ne parlo nella puntata di questa settimana, che coincide con il primo giorno della fiera annuale di settore più importante d’Italia, che ci piaccia o no. Con chi ci sarà, quindi, appuntamento a Lucca!…
L’Arte è un virus che cambia il nostro modo di percepire, dopo che siamo entrati in contatto con essa. La frase è del compianto critico Philippe Daverio, e la trovo folgorante anche per spiegare il criterio con cui, di solito, da ignorante quale sono in materia, scelgo gli artisti da contattare per la rubrica. Di solito vengo catturato da un’immagine, al massimo da due o tre, capaci di risvegliarmi un’impressione, di avviare l’infezione di cui disse Daverio. Da lì parto per approfondire, per conoscere, per studiare il portfolio, alimentando una curiosità che chiederà poi di essere soddisfatta dall’intervista con l’artista, e poi condivisa, sotto forma di puntata, con chiunque possa avere il mio stesso prurito. Nel caso di Acheo, la scintilla è scoccata trovandomi sotto gli occhi la veduta del Faraway Den che fa da copertina al modulo OSE Tales of the Wolfguard di Andrea Tupac Mollica. Ve la presento qui, assieme al consueto “santino” dell’artista. Ditemi che non è pazzesca!…
Il mio borg-like è differente. Possono dirlo a testa alta Andrea Rossi e Valentino Sergi, “coautori” assieme a un certo Omero di questo gioco crudele e velocissimo, che unisce la semplicità a una profondità dell’impianto narrativo che gli permette di avere decisamente una marcia in più rispetto a tanti concorrenti! Adatto anche a una one shot, forse, ma è molto meglio se trovate il tempo almeno per completare la campagna, senza con questo mettere limiti alle Parche (ascoltate la puntata e capirete!), Odyssey non è solo un bel manuale da possedere, con i suoi disegni e i fumetti, ma anche e soprattutto un titolo da giocare. Cogliendo l’occasione, cosa gradita se vogliamo ancora sentirci un po’ popolo di poeti, oltre che di tifosi, per rispolverare la storia di Ulisse. Che, chi la conosce lo sa bene, dà una pista in tema di incontri fantastici, mostri spaventosi e avventura alla stragrande maggioranza delle saghe fantasy contemporanee. Preparatevi, allora, a sciogliere le vele e sfidare le acque tempestose del mare che un tempo era nostrum, allora. E’ ora di partire per Itaca.…
Di Mark Rein-Hagen e della Make Believe Games, che pubblicò il gioco nel 2016, si sono pressoché perse le tracce. La biografia dell’autore su wikipedia è stata troncata subito dopo la pubblicazione del gioco di cui vi parlerò oggi, le pagine social sono spoglie e abbandonate. Il lascito dell’autore, però è sotto gli occhi di chiunque mastichi di gdr, da Ars Magica a Vampire the Masquerade. Per questo sarebbe stato grave, per un appassionato come me, tacere dell’ultima e un po’ sfortunata fatica di Mark, I am zombie. Un tema difficile, un’uscita in fuorigioco e un regolamento che propone meccaniche semplici ma diverse da qualsiasi altra cosa vista prima gli hanno negato il successo e giustificano la sua sparizione della ribalta. Siete sicuri, però, che il gioco meritasse davvero l’oblio. Oppure, magari… Se volete scoprire come la penso e confrontarvi con le mie opinioni, ascoltate la puntata e, se volete, lasciate un commento sulle pagine social del podcast.…
Giochi in solitario e PNG. Per comprendere l’importanza dei personaggi non giocanti in una storia che il giocatore affronta da solo non serve sforzarsi più di tanto. Basta tornare con il pensiero a quando, leggendo un romanzo d’avventura e immedesimandoci nel protagonista, accoglievamo con curiosità divertita, piacere, rabbia, e tutto il resto della gamma dei sentimenti empatici la comparsa, e spesso la ricomparsa, di comprimari, più o meno importanti ai fini della storia, ma capaci di farsi ricordare, amare od odiare per il loro carattere. La stessa cosa succede nei giochi in solitario, fin dai primi libri game di Deever e compagnia. Oggi, più che mai, e la complessità narrativa ottenibile ad esempio da un gioco in solitaria come Eldritchwood di Andrea e Anna Sfiligoi ne è la dimostrazione lampante, là dove il protagonista diventa comprimario e viceversa in un caleidoscopio di combinazioni infinite, i PNG giocano un ruolo fondamentale nel dare ricchezza, credibilità e profondità alla storia che stiamo raccontando. E questa è solo una delle ragioni per cui Clockwork Mike ha deciso di dedicare a questo tema uno dei suoi Interludi. Ascoltiamolo assieme.…
Scorrendo i post e le richieste di consigli sulle pagine social dedicate al gioco di ruolo, si leggono sovente appelli di master più o meno in erba su come gestire situazioni di tavolo anche complicate. L’ansia da prestazione, l’amarezza, il comprensibile sconforto causato dalla consapevolezza del fatto che l’ultima sessione giocata è uscita un po’ moscia, che forse i giocatori non si sono divertiti, che la trama non si è svolta come previsto, è una sensazione che ogni GM ha provato sulla sua pelle almeno una volta, e spesso di più. Non è il caso, però, di farne tragedie. Proprio perché si tratta d’un incidente, per così dire, frequente e comune a tutti, inclusi i più bravi e navigati, è piuttosto il caso di accettarlo e sapere come reagire. Per questo mi è parso opportuno dedicare una puntata all’argomento. Potete ascoltarla sulla vostra piattaforma preferita, e commentarla sulle pagine social del podcast, se vi va.…
La sensazione, preparando questa puntata, di vivere in un mondo complicato, andato forse troppo avanti in molti campi, dalla pervasività della videosorveglianza che osserva, attraverso gli occhi di telecamere fisse o del cellulare di un qualsiasi astante, ogni nostra mossa, alla maggiore tensione sociale avvertita un po’ ovunque, e non solo nelle borgate delle grandi città, mi ha spinto a pormi una domanda esistenziale. C’è ancora spazio per una partita di Killer dal vivo, al di fuori da un’ipotetica grande proprietà privata che la possa ospitare, ossia per strada, come la giocammo noi a Roma trent’anni fa? Non è un caso, forse, che il gioco non sia disponibile su DriveThruRPG. Anche l’editore americano avrà pensato che non sia più aria di proporre un certo genere di gameplay? Eppure... Perché no? Dando per scontato, ovviamente, che chi lo volesse giocare, oggi come ieri, dovrebbe prestare attenzione nel fissare regole di comportamento chiare e limiti da non superare. Ma senza nulla togliere al divertimento. Qualcuno di voi lo ha provato o vorrebbe farlo? Fatevi sotto, ascoltate la puntata di oggi e fatemi sapere.…
Non riesco a immaginare nulla di più difficile dello scrivere qualcosa che parli di una mia esperienza personale, senza annoiare. Difficilissimo infatti, in questo caso, non sconfinare nell’autoreferenzialità, non giocare in difesa per nascondere con una cortina fumogena i contenuti più intimi, non finire per girare attorno alla questione senza trattarla davvero. La Normandia, per me, è sempre stata molto più di una regione del nord della Francia. Quella parola, da sola, è capace di evocare mille immagini, ricordi, emozioni. Oggi di più, però, dopo esserci stato e aver visto, sentito, annusato, odorato, gustato e toccato di persona. La domanda se valesse la pena davvero andarci, che ha stimolato la creazione di questa puntata, può ora avere una risposta. Sì, ne valeva la pena. Eccome. Provo a spiegarvi una parte delle ragioni in questa puntata del podcast. Alcune, però, penso che alla fine le terrò per me. Se la ascolterete, come spero, capirete perché. E non temete: dalla prossima puntata si ricomincia a parlare di giochi e dintorni!…
Ve ne fregasse zero virgola zero uno dei videogiochi, della loro storia e del loro impatto sociale e decideste, per questo, di leggere solo uno dei centomila libri che vi auguro di scoprire dedicato a questo argomento, ad oggi e con più della metà dei volumi letti in vita alle mie spalle, che è un modo elegante per dire che sto invecchiando già da un po’, vi augurerei, anzi vi raccomando di leggere questo. Come al solito, vi darò una mano a vincere la pigrizia post vacanze anticipandovene i primi cinque minuti e poi dedicando qualche breve minuto residuo a dirne qualcosa. Poi però, se ve lo lascerete scappare lo stesso, sarà colpa vostra. Maxima colpa! Se siete curiosi, non perdete la puntata di oggi, dunque.…
C’era bisogno di un’altra ambientazione heroic fantasy? Di una nuova, seppure inedita, collezione di razze umanoidi, regni e ducati, lande, foreste e mari da esplorare, bestie mitiche e spesso mostruose con cui confrontarsi? La risposta di un giocatore di ruolo appassionato del genere non può che essere affermativa. Direste mai di no a un nuovo romanzo del vostro genere preferito? O a un bel film? O a un videogioco? Un’ambientazione inedita regala a chi la sfoglia un intero nuovo mondo da modellare, popolare, percorrere, scoprire. Senza doversi sobbarcare la fatica, davvero ciclopica se si punta a un lavoro ben fatto e completo, di doverselo creare da soli. La domanda da farsi, semmai, è se una nuova ambientazione possieda quel livello di cura, coerenza e completezza da meritare l’attenzione di una folta schiera di avventurieri appassionati. Sono andato alla scoperta, come un pioniere su un pianeta appena scoperto, di Inabion. C’ero già stato nel 2021, quando era ancora una corposa bozza da rifinire. Se volete sapere cosa abbia riportato da questo viaggio, non dovete fare altro che ascoltare la puntata di oggi. Sapete già come, e dove.…
Senza con questo voler togliere nulla alla disponibilità e cortesia dei numerosi suoi colleghi e colleghe che si sono avvicendati come graditi ospiti e protagonisti delle puntate di questa rubrica, mai come questa volta, incontrando Ambra e ponendole alcune domande sul suo lavoro e la sua esperienza, ho avuto la sensazione di aver sfiorato per un attimo l’anima vera dell’artista, di aver conquistato una fiducia che mi sono sforzato di non tradire nel realizzare questo episodio, di essermi meritato, chissà come, di poter gettare una rapida occhiata a ciò cui tiene più di ogni altra cosa. In punta di piedi, allora, con l’occhio ammirato pronto a scoprire il suo portfolio su art station (trovate il link qui sotto) e l’orecchio attento a cogliere quel poco, della lunga intervista che le è piaciuto concedermi, che ho ritenuto imprescindibile citare per farvela conoscere un po’ meglio, lasciatevi prendere per mano e presentare questa sorprendente artista di ruolo.…
Buona parte del popolo nerd appassionato di giochi ha imparato a conoscere Benedetta Melappioni, Il Cigno Nerd, come dinamica organizzatrice di eventi di gioco di ruolo, spiritosa streamer, instancabile promoter commerciale per il negozio Dadi e Mattoncini di Torino per cui lavora. C’è anche un’altra Benedetta tutta da scoprire, però, più intima, appassionata cultrice della storia, con una passione bruciante per il Medioevo e un’altra, messa nel cassetto ma indimenticata, per l’archeologia. Ma anche scrittrice dotata di sensibilità e acutezza non comune, come questo racconto breve dimostra, tanto da far desiderare di leggerla ancora. A quando una raccolta di storie (magari fiabe, perché no?), un romanzo, o magari un’avventura per qualche gdr in tema, come Il tempo della spada, pubblicata a sua firma, quindi? Per il momento accontentiamoci di questo racconto, premiato a Torino come secondo classificato ne Le olimpiadi della letteratura. Vi avviso, però, preparate i fazzoletti.…
Come a volte accade quando si parla di gdr, s’inizia e si finisce parlando dell’etica al tavolo. Se, allora, lo spunto iniziale di condividere qualche opinione sulle modalità di gestione del casting di un tavolo da gioco nel tempo, per garantire la longevità delle vostre campagne, ha condotto il mio personale flusso di coscienza molto più avanti, spingendolo a considerare aspetti organizzativi, logistici e comportamentali che mi hanno riportato là dove l’intuito, prima ancora dell’istinto, aveva fatto accendere una lampadina sull’aspetto dell’inclusività nel gdr, ben venga. In questa puntata concludo il discorso iniziato la scorsa settimana, senza con questo esaurirlo. Tanto ci sarebbe ancora da scrivere, e da dire, su questo e tanti altri argomenti collegati. Ma questa, come direbbe ogni buon GM al termine di una sessione, è un’altra storia.…
Per la prima volta da quando ho aperto questo podcast, votato volutamente alla somministrazione di pillole concise e contenute, per non abusare in eccesso né del vostro tempo né del mio, mi sono reso, conto, andando ad approfondire il tema di questa settimana, che le cose da dire sono moltissime. Troppe per stare dentro una singola puntata settimanale. Tante da costringermi, letteralmente, a una modifica del palinsesto per programmarne subito dopo una seconda, in cui cercherò di concludere. Questa settimana, intanto, parlerò del numero minimo e massimo di giocatori al tavolo, condividendo con voi qualche riflessione su un metodo (quasi) infallibile per mantenere un numero di partecipanti costante e garantire longevità e continuità alle vostre campagne. E il meglio deve ancora venire… Ascoltatela, anzi ascoltatele tutte e due, sulla vostra piattaforma audio preferita!…
Chi è andato alle elementari fino agli anni Ottanta, ricorderà il sussidiario, testo fondamentale che affiancava il libro di lettura, nel quale veniva inserita, come ausilio didattico per il maestro e gli scolari, un’infarinatura di tutte le materie insegnate, dalla storia alle scienze, dalla matematica alla geografia. Il manuale di Awaken (molto bello e quindi pezzo da collezionare a prescindere, nell’edizione italiana curata da Isola Illyon) dà un po’, al lettore smaliziato ed esperto, la stessa sensazione. Ossia che gli autori, spinti dalla volontà di farci entrare di tutto, ma restando nel limite di pagine imposto probabilmente dal piano dei costi, abbiano centrato solo in parte il bersaglio, lasciando molte parti dell’ambientazione soltanto abbozzate e inserendo invece sezioni sovradimensionate ma decisamente meno indispensabili. Sarà stato questo a impedire che il gioco, partito bene al momento della sua uscita, abbia poi visto scemare in fretta l’interesse del pubblico e dei potenziali giocatori? Scopritelo assieme a me, nella puntata di oggi del podcast.…
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